Quello che possiamo dire con certezza è che la crisi causata dal Coronavirus ha avuto anche degli aspetti positivi sulla situazione lavorativa delle donne. Tutti quei temi che sono stati discussi a lungo nelle aziende e rimasti inconcludenti prima di marzo 2020, improvvisamente vengono implementati su tutta la linea, in modo rapido e flessibile, come il lavoro da casa. Tutto d’un tratto lavoro e famiglia possono essere conciliati molto più facilmente.

In questi ultimi mesi si è assistito quindi ad un cambiamento: i lavori legati a posizioni di responsabilitá non sono necessariamente legati alla permanenza in ufficio giorno dopo giorno per oltre 10 ore al girono; no, ma si possono fare tramite piattaforma online, videoconferenza e call. Soprattutto per le madri, in pochissimo tempo, è stato rimosso un ostacolo importante per poter ricoprire posizioni di responsabilità. Detto questo, verrebbe da dire che la parità di diritti di questi tempi avrebbe dovuto fare passi da gigante. In Germania, invece, è vero il contrario.

Da uno studio effettuato dall’Istituto tedesco per la ricerca economica (DIW) risulta che le donne soffrono maggiormente della crisi economica legata alla pandemia perché ricade maggiormente su di loro il peso del lavoro quotidiano in famiglia. Gli uomini hanno recuperato molto su questo fronte, certo, ma ancora oggi dedicano molte meno ore alle faccende domestiche e alla cura di bambini e anziani.

Chi può lavorare da casa di questi tempi è fortunato. O meglio, sarebbe fortunato se non si assistesse alla coesistenza di home office, home schooling, home work, home care in un bilocale e con un unico referente, il più delle volte donna. I conflitti sono inevitabili. La crisi dimostra che sono le donne che sopportano il maggior carico di lavoro in questo Paese attingendo alla loro infinita riserva di energie, sia dal punto di vista psicologico, culturale, sociale, affettivo, ma anche dal punto di vista della concretezza di un lavoro che in alcuni casi non c’è più, o se c’era era comunque affaticato da tutta una serie di mansioni, come la casa e la famiglia, per nulla distribuite in modo paritario, ma che gravano ancora, purtroppo, per gran parte sul genere femminile.

„Sono le donne che dominano la scena“, titola il Tagesspiegel. Improvvisamente si scopre che il lavoro di infermieria e cassiera dei supermercati sono lavori rilevanti per il sistema. La Cancelliera Merkel ha ringraziato in particolare queste lavoratrici che in questo momento storico stanno assicurando la sopravvivenza al Paese. Lavoratrici che prima della crisi sanitaria erano invisibili al sistema.

Il Governo Federale ha garantito per questa categoria di lavoratrici l’accudimento dei figli nei nido, nelle scuole materne e elementari. Numerose sono state le misure a sostegno della famiglia in generale: supplemento sull’assegno familiare, facilitazioni per il congedo parentale, l’indennitá per mancato guadagno per poter accudire i figli a causa della chiusura di asili e scuole pari al 67% dello stipendio netto e per un massimo di sei settimane oltre ai numerosi ammortizzatori sociali erogati puntualmente alle lavoratrici e ai lavoratori sia dipendenti che autonomi e alle imprese.

Ma perché la crisi da Coronavirus colpisce le donne cosí duramente e ancora di piú le donne in emigrazione?

Si sa, le crisi amplificano tutte le disuguaglianze esistenti. Questo vale anche per la crisi innescata dal COVID. Le donne e le ragazze appartengono a gruppi svantaggiati e sono quindi particolarmente colpite dalla pandemia e dalle conseguenze che ne derivano.

Anche in Germania come in tutto il mondo, il 70% della forza lavoro nelle professioni sociali e assistenziali sono donne. Fanno tre volte più lavoro di cura non retribuito degli uomini, sono quindi più esposte al rischio di infezione oltre che a essere sottoposte ad un notevole stress psicologico.

Le prime ondate di licenziamenti a causa della pandemia hanno colpito alcuni settori in cui le donne sono sovrarappresentate, come l’ospitalitá e il turismo. Questo settore è particolarmente colpito dal lavoro breve o lavoro in sospensione (Kurzarbeit). Altro svantaggio è che le donne spesso ricevono indennità di lavoro breve o in sospensione inferiore rispetto agli uomini. Ciò è dovuto al fatto che questa indennità si basa da un lato sullo stipendio netto, che è in genere basso perché spesso svolgono lavori part-time oltre allo svantaggio fiscale che hanno molte donne sposate a causa della classe di imposta sul reddito che è molto sfavorevole.

A maggio in Germania si contavano oltre 10 milioni di lavoratrici e lavoratori in kurzarbeit- lavoro breve) tanto che diversi quotidiani tedeschi il primo maggio, dove si festeggia la giornata del lavoro Tag der Arbeit ironicamente l’hanno ribattezzata in Tag der Kurzarbeit. Giornata del lavoro breve.

Infine molte donne in Germania sono impiegate in piccoli lavori, i cosiddetti mini job, nella ristorazione, come collaboratrici domestiche o addette alle pulizie e non è prevista alcuna indennità di lavoro breve o di disoccupazione per questa tipologia di contratto di lavoro. Questo reddito viene quindi perso senza alcuna compensazione salariale.

Per questo motivo l’istituto tedesco per la ricerca economica ha richiesto che tutte le misure statali come i pacchetti di salvataggio, i programmi di stimolo economico e le misure per consolidare il bilancio dopo la crisi economica devono essere soggette al bilancio di genere per attutire gli effetti a lungo termine delle disuguaglianze tra donne e uomini.

Disuguaglianze che si possono vedere in molte società tedesche quotate in borsa: il numero delle donne nei consigli di amministrazione negli ultimi anni è aumentato rispetto a prima, ma nel complesso sono così poche che, secondo uno studio, l’uguaglianza nei lavori manageriali sarà raggiunta a questo ritmo tra circa 100 anni. Un secolo. Non abbiamo tutto questo tempo.

Come se non bastasse, preoccupazioni esistenziali, quarantena e libertà di movimento limitata portano a un aumento della violenza domestica e le donne migrate in Germania possono trovarsi a gestire, oltre al carico della violenza fisica, psicologica o economica, anche i disagi dello sradicamento e le difficoltà derivanti dalla mancata conoscenza della lingua e del sistema locale.

Il Ministro Federale per la famiglia, Franziska Giffey e il commissario federale per l’integrazione, Annette Widmann-Mauz, hanno rafforzato le strutture di sostegno e i centri di ascolto dotandoli di 120 milioni di euro in più in personale, capacità e risorse.

I nostri 30 uffici ITAL in Germania sono i punti di riferimento per la nostra collettivitá, non solo per prestazioni previdenziali e a sostegno del reddito ma molto spesso svolgiamo il ruolo di assistenti sociali, confidenti, psicologi, complici l’appartenenza alla stessa nazionalità e il parlare la stessa lingua e laddove c’è un operatore donna complice l’appartenenza allo stesso sesso.

Da sempre ma in questo periodo abbiamo registrano un lieve aumento di richieste di aiuto da parte di donne che vivono situazioni di disagio. Per questa ragione alcuni giorni fa abbiamo organizzato con la nostra bravissima collega Katia Squillaci di Berlino e con la partecipazione di Alessandra Menelao dei centri di assolto UIL e in collaborazione con l’Ambasciata d’Italia, il Comites e le istituzioni tedesche un evento informativo pubblico dedicato al tema della violenza di genere dal titolo: Paura non abbiamo! – Combattere la violenza di genere.

A conclusione di questo mio intervento vorrei porre l’attenzione su un semplice gesto che può davvero fare la differenza per tutte noi, in qualunque situazione di disagio o di difficoltà in cui ci possiamo trovare ed è quello di tirare fuori la voce. Di dire, condividere, ascoltare e farsi ascoltare. Le parole sono importanti, possono porre le basi per azioni mirate e costruttive. La voce è uno strumento potentissimo e usarla per diffondere serenità, positività, progettualità può essere un piccolo passo per abbattere disuguaglianze e muri di indifferenza.

Perché è sulla prevenzione che dobbiamo lavorare. Prevenire la violenza di genere vuol dire combattere le sue radici culturali, affrontare i pregiudizi legati ai ruoli maschili e femminili, agire già dall’infanzia per diffondere la cultura del rispetto tra uomini e donne nella vita familiare, sociale, e lavorativa.

Proprio relativamente a questo invito che faccio a tutte voi in ascolto, durante il primo lockdown noi donne dell’Ital Uil Germania abbiamo pensato di registrare un video aderendo a un’associazione che si chiama donne all’ultimo grido, dove abbiamo “urlato” costruttivamente il nostro dissenso circa l’aumento della disparità di genere, lasciando così un’importante traccia di questo periodo storico che risuona dentro di noi e che chissà, forse risuonerà anche nell’universo, sperando che si possa dare una nuova sterzata a questo mondo.

E se alla fine del video, che ora vi condivido, vi verrà voglia di “urlare” di gioia perché alla fine le donne ce la fanno, fatelo pure.

Grazie

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